Molti autori (filosofi e psicologi) intendono la felicità come una esperienza che non è suscettibile di delimitazione. In pratica, una esperienza che va “oltre” un certo confine. Anche se di questo confine noi non abbiamo scienza e conoscenza.
E giustificano questo pensiero nella semantica stessa della parola. Felicità deriva dal latino “felicitas”, che risale alla radice indoeuropea “fe” che nella grecità rappresentava la fecondità e la prosperità.
Da questa radice ne scendono altri termini quali “felix”, “fecondus”, “fetus”, e, inevitabilmente, “femina”.
Sappiamo tutti che la femmina è quella che nutre, alimenta e fa crescere,
Nella lingua latina il termine “filius” si collega alla famiglia lessicale del verbo “felo”, e di “fecundus”.
Tutto questo per dire che, secondo me, le donne hanno una maggiore predisposizione (e corpo disposto) alla felicità rispetto a noi uomini.
Non so bene perchè ma credo che sia una questione di “creatività”, di “mettere al mondo”. Cioè una questione vitale.
Guido Savio