“Bisogna tenere sempre a mente che il futuro non è al tutto nostro nè al tutto non nostro, affinchè nè assolutamente lo attendiamo come realizzabile, nè come affatto irrealizzabile lo togliamo dalle nostre speranze”
(Epicuro, Lettera a Meneceo)
Ora noi, lontani millenni dalla saggezza di Epicuro, e anni luce dalla sua intrinseca economia, parliamo di “future”, investimenti, scommessa, rischio, borsa, esposizione, ad libitum.
Forse che possiamo controllare i nostri “future”, oppure vederli nella sfera di cristallo, o scorrere a ritroso in una improbabile moviola? No di certo. Non licet.
Ma allora che cosa ci è lecito a noi uomini moderni che della incertezza stiamo facendo il pane di tutti i giorni?
Ci è lecito pensare ad un futuro… epicureo: che in parte ci “spetta” e in parte non ci “spetta”, che in parte ci tira verso il domani, e in parte ci giustifica se al domani non ci arriviamo.
Ora è questa la “legge di mercato”: il futuro, il nostro futuro, sta nelle nostre mani come sabbia della spiaggia, tuttavia nella condizione che, stringendo forte la mano, qualcosa ci resta.
Guido Savio