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PSICOLOGIA E PSICOLOGI

PSICOLOGIA E PSICOLOGI

 

 

Perchè ci sia Salute, e dunque soddisfazione, è necessario, a mio modo di vedere, che ciascuno di noi renda libera la propria strada (la propria Psicologia), tracciata da una regola interna, da un proprio stile, da un proprio giudizio, da una propria

autonomia appunto, da un proprio “principio di imputazione” ovvero Responsabilità di quello che dico e faccio all’altro e con l’altro, in quanto Libertà non può essere intesa, non significa nulla, se non all’interno della mia relazione con l’altro e con Altro.

La Psicologia è una competenza soggettiva e non un sapere appreso.

Sgombro subito il campo su una possibile confusione tra Psicologia come “Scienza” e Psicologia come atto continuo del Soggetto libero. La Psicologia, la “mia psicologia” (sapere stare al Mondo) è quella che non ha nulla a che fare con le Facoltà Universitarie, luoghi verso i quali si riversano, ci siamo riversati, noi giovani malati nella speranza che, diventando psicologi, saremmo anche guariti. Pie illusioni: se si guarisce si guarisce percorrendo altre strade che quelle dirette a Padova o a Roma (ora anche verso siti più ameni sparsi qua e là in tutta la Penisola) sapendo che a nessun essere sano di mente passerebbe per l’anticamera del cervello di tentare di guarire la “psicologia” degli altri come mestiere senza avere prima guarita la propria.

Stare al mondo proprio come nella “proporzione”: A “sta” B = C “sta” a D. La Psicologia è proporzione, oltre che proposizione di se stessi.

Gli psicologi (noi psicologi) sono degli ex malati (anche se qualcuno lo è rimasto) che hanno tentato di curarsi sia per essere “più vicini” ai propri pazienti, sia per mantenersi sani di fronte a chi loro chiede aiuto. Poi questo può succedere. Ma anche no.

Diffidare, in ogni caso, dallo psicologo che vuole guarire a tutti i costi: il furor sanandi si paga caro, ossia lo paga caro il paziente (cliente, paziente, analizzando, come lo si voglia in ogni caso chiamare). E anche l’educante psicologo.

La Psicologia allora è , come la vedo io, lo strumento di lavoro che l’Io usa per la sua liberazione, un vade- mecum di sapere e saper sentire che io utilizzo per raggiungere la mia salvezza e usare della Grazia (talenti?) che mi è stata data.

Si tratta di una competenza, la Psicologia, soggettiva che cerca di mettere assieme:

  1. a) l’esperienza tratta dalla mia vita
b) la memoria che di tale esperienza io so produrre
c) la conoscenza della mia “disposizione soggettiva” a riguardo del mio sapermi adattare alle regole del mondo.

Ovvio che l’“esercizio” della propria Libertà comporta rischio, possibilità di perdita e dunque possibilità di Angoscia, che è giusto l’opposto della Libertà.

Ciò che qui intendo per Psicologia è dunque sempre un atto che significa Competenza, Diritto sulle proprie scelte, ragionare con la propria testa, saper rispondere del proprio desiderio, non avere nessuno dietro alle spalle che risponde al posto mio (laicità), avere un Pensiero di Natura (la conoscenza del mio Io, per quanto possibile) e di normalità su di me.

Riporto qui, in quanto sui fatti reali ci si intende meglio che non sulle Teorie, due esempi, uno sano e uno malato di Psicologia:

Primo esempio. Un ragazzo psicotico di diciotto anni mi ripeteva (con il chiaro intento di prendermi in giro, cioè “tu sei uguale a me”) in un reparto di Psichiatria, agli inizi della mia attività di Psicologo: “Siamo tutti psicologi nella vita”. La frase (io l’ho letta o voluto leggere così, anche se detta da uno psicotico), estrapolata dal contento e dal proferente, voleva dire: “ognuno ha la propria dimensione e la propria strada, ognuno ha pertinenza sul proprio essere, ognuno sa conoscere il proprio interesse e il proprio vantaggio, anche io che sono malato”. La frase è economica (pur se proferita da un malato) in quanto la psicologia, la “mia psicologia” è sempre un lavoro di andare verso un vantaggio. Reinserita (ahimè!) questa frase invece nel contesto (psicotico) e nel pensiero del proferente (psicotico) da cui proveniva, il ragazzo insisteva su questa frase come un mantra perché ripetuta alla nausea dalla madre che, ovviamente, nella psicologia e negli psicologi, non aveva nessuna fiducia. Altrimenti il figlio non sarebbe diventato psicotico. La sua frase si invertiva, da sana diventava malata: era solo uno sberleffo di un “matto” contro la Psicologia che tentava di curarlo.

 

La frase (presa dal verso giusto) è economica perchè sottolinea che è patrimonio di ciascun essere umano il sapere delle proprie cose all’interno di un pensiero positivo di naturalità. Nel limite e nella mancanza che costituiscono la nostra Natura. Anche lo psicotico o il nevrotico hanno una loro Psicologia che va alla ricerca di un vantaggio (vivere meglio). Non sempre il percorso riesce.

Secondo esempio. Un giovane nevrotico di venticinque anni ripeteva spesso in seduta: “Sono lo psicologo di tutte le ragazze della mia compagnia”. Purtroppo per lui questo giovane in realtà diceva: la mia Psicologia (to know how) non mi serve a niente perchè non combinerò mai niente con nessuna ragazza finchè “mi penso” il suo psicologo.

Io gli dicevo che la frase giusta sarebbe stata: “io devo essere il ‘mio’ psicologo, e soprattutto dirigermi da Uomo verso “una” ragazza, non verso “tutte” (che è lo stesso che dire nessuna), che è lo stesso che dire “non combinerò mai niente con nessuna (da soggetto sessuato) finchè non avrò abbandonato il pensiero che “potrei” con tutte le altre.

La salute, alla fine della fiera, è il “prendere partito”. Esercizio di Libertà è saper prendere partito (in questo senso la questione del rischio). “I sessi sono due” e da questo dipende ogni forma di diversità, ovvero di salute. Il sapere porre la mia questione all’altro senza senso di colpa. La parola “tutte” (le ragazze) significa “nessuna”: proprio perchè io nego la possibilità di pratica del mio sesso (volendo essere lo psicologo di “tute” le ragazze della compagnia”), non ho accesso a nessuna ragazza, e contemporaneamente nego la mia competenza (Psicologia) in merito al fare5.

Pensiamo a quante madri si sentivano “rasserenate” (almeno ai miei tempi!) in cuor loro quando le loro figlie uscivano alla sera con il classico “bravo ragazzo”. Erano sicure le madri dei miei tempi che quel tizio non “ avrebbe combinato” niente, ovvero non si sarebbe comportato da soggetto sessuato ma da “neutro”, ne-uter nè carne nè pesce. E la mamma, almeno in quel senso, avrebbe dormito sonni davvero tranquilli. Tanto quel rampollo… non aveva ancora la sua Psicologia. Non era libero di metterla in pratica.

Anche perchè i sessi non sono “dati” in Natura ma sono frutto di un lavoro di competenza, cioè di lavoro di Psicologia. Il nostro sesso lo si compone, non lo si ha in dotazione. E ancora di più perchè ogni domanda che l’altro ci rivolge, e che noi rivolgiamo all’altro, parte dal sesso, dal fatto che la differenza sia prima di tutto sessuale.

Differenza vuol dire (solo e squisitamente) accettazione che la risposta alla mia domanda può essere differente da quella che io mi aspetto da te. La madre di tutte le differenze è la accettazione della differenza del desiderio dell’altro.

Il tema della sessualità come differenza sessuale la potremmo trovare nella seguente risposta, non priva di umorismo, data da un

bambino di quattro anni al suo, chiamiamolo così, “sfidante” in una classica scenetta balneare. Ferragosto, mare, caldo, ormoni…

Il bambino è in vacanza al mare con la mamma mentre il babbo, altro classico, sta in ufficio a lavorare. I due per andare in spiaggia prendono l’ascensore dell’albergo. Nell’ascensore, pronto alla caccia, si fa sempre trovare un tizio, il solito gallo, che fa le moine al bambino (per, tanto ovviamente quanto illusoriamente, passare alla mamma!). Il quale bambino, però scemo non è: ha il suo Pensiero.

Il tizio tenta l’aggancio rivolgendosi dunque al bambino con questa domanda: “Allora, non me lo vuoi proprio dire come si chiama la tua bella mamma?”. Il bambino, dopo averci pensato neanche tanto, risponde dritto: “Come si chiami Io non lo so, ma so che il babbo la chiama Silvana”.

Cosa significa questo? Significa che la mamma non è più “la sua mamma” (possesso edipico), se ci sta con un altro uomo (il padre) che la chiama Silvana (in quanto donna).

In altri termini: giù le mani non dalla “mia mamma” ma da questa donna, perchè è stata preferita, scelta, sia da me (Edipo risolto) sia dal papà, cioè da altri due uomini: tu sei il terzo incomodo, stattene fuori. Perchè questa donna ha scelto ed è stata scelta e amata da un altro uomo, caro galletto, diverso da te, il quale nella fattispecie è poi anche mio padre. Cioè mia madre è diventata tale in quanto donna che tra l’Altro ha scelto un altro del sesso diverso dal suo. Da cui sono nato io. Identità.

Il bambino che indaga a riguardo della differenza dei sessi non si interessa della differenza sessuale in quanto tale, ovvero della mera differenza anatomica dei sessi, bensì delle conseguenze

psichiche di tale differenza in relazione al problema di come fa il bambino che sta nella pancia della madre a venire fuori se anche la mamma dovesse avere un pisello come il suo.

È dunque dall’indagine su di un problema pratico, legato al modus recipientis della donna, che il bambino articola il pensiero della differenza sessuale: la donna differisce dall’uomo perchè può ricevere un bambino e non perchè le manca il pene (che è il pensiero malato della sessualità).

Una volta stabilito che il corpo della donna si presta a ricevere un beneficio che al corpo dell’uomo è negato, il bambino (quello dell’ascensore) si pone il seguente problema pratico: “Se la mamma ha il pisello, come fa il bambino a uscire?”. Sappiamo che in un primo tempo, propenderà per la “teoria cloacale”, secondo la quale i bambini escono dall’ano, come le feci. La teoria cloacale è un tentativo di reperire la differenza sessuale nel modus reci- pientis della donna, ma ciò è ancora ostacolato dalla teoria mono- sessuale del “fallo” come unico genitale per entrambi i sessi. Poi da altre teorie di cui la Cosmogonia Occidentale è piena.

 

La soluzione normale (nel Pensiero del bambino) non sarà il pensiero (patologico) che la donna è mancante del fallo, bensì che la donna è modus recipientis che mette al Mondo un figlio. Il corpo della donna, se la donna non ha obiezioni, si presta in tal modo a rappresentare il posto di beneficiario. È in questo senso che avere il pensiero di “posto” per un figlio (o di beneficiario, o di soggetto, in ogni caso pensiero di competenza) e avere il pen- siero di differenza sessuale sono la stessa cosa. E questo il bambi- no dell’ascensore l’aveva capito benissimo. Si stava costruendo e strutturando la propria Psicologia che non lo avrebbe mai portato a dire: “Sono lo psicologo di tutte le ragazze della compagnia”.

Psicologia è partire con il proprio Pensiero, con la fiducia nella propria attività pensante (Inizio, vedi Cacciari) a partire dalla identità sessuale come fonte ineluttabile di tutte le differenze. Se non si riconosce la differenza, la prima differenza, quella sessuale, la malattia della relazione aspetterà sempre dietro l’angolo, l’angolo della confusione, della non definizione, della “fallicità” del mescolarsi delle identità e dei valori, humus prediletto. Un giovane trentenne, durante una seduta, candidamente professa il proprio desiderio: “Io vorrei una donna uguale a me!”. Eccola la negazione della differenza sessuale. L’uguale non esiste, non esiste la categoria dell’uguale nelle relazioni. E nella vita di tutti noi donne e uomini.

 

 

GUIDO SAVIO

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