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IL BAMBINO MATURA IL SUO DIRITTO

IL BAMBINO MATURA IL SUO DIRITTO

 

Una bambina che possiede le caselle di Via dei Giardini e di Parco della Vittoria sta giocando a Monopoli con il padre. Il padre “casca ripetutamente” dentro le sue caselle preziose, ma la bambina glissa, non chiede pegno, il pagamento, ha timore che il padre, in qualche modo, possa arrabbiarsi con lei (senso di colpa?) perché lei chiede la riscossione, cioè il semplice suo diritto, garantito dalle regole stesse del gioco. E la partita va avanti, come si è visto. Finchè il padre pone la questione (il passaggio successivo): “Perché non mi chiedi di pagare?”.

Allora la bambina risponde, mossa dalla Parola del Padre, chiede: “Posso?”. Certo che puoi, anzi devi” risponde il padre (così parlerebbe anche il Padre). E la bambina riempie la cassa e vince la partita.

E questa è la istituzione del Diritto: Io è il diritto a ciò a cui io penso di avere diritto.

È l’appropriazione del “Posso” l’inizio del Diritto, e dunque della Libertà.

E il gioco, e non solo il gioco, finisce bene sia per la figlia che per il padre.

Soggetto di diritto è Sidney Poitiers nel film Indovina chi viene a cena? con Catherine Hepburn e Spencer Tracy. Il neodottore quando il proprio padre, vicino al caminetto, in un momento di contrasto decisionale e generazionale gli rimarca di averlo “mantenuto” fino alla laurea, afferma: “Sì, ma era tuo dovere” dunque mio diritto.

Ancora soggetto di diritto è quella bambina che, seduta a tavola davanti al suo piatto di minestra, pur non avendo bisogno di essere aiutata nell’avvicinare il cucchiaio alla bocca, chiede al proprio padre: “Aiutami a mangiare”, volendo in questo chiedere al padre altro che il corpo, la relazione, il calore, lo stare assieme al di fuori dalla logica del bisogno (di mangiare). La bambina chiede al proprio padre di stare con lei avendone diritto, pensan- dolo e praticandolo: questo è il pensiero produttivo. La bambina passa dal bisogno al desiderio del Corpo del padre (che presuppone la domanda di relazione).

La domanda è il prodromo della Libertà. Non si è liberi se non si “ha il coraggio e l’umiltà” di chiedere all’altro: uomo o donna, padre o madre, fratello o sorella, figlio e figlia, o Stato che sia.

La Libertà è sempre un pensiero di produzione. Produzione significa il Pensiero che “qualcuno ha piacere che io abbia pia- cere”. Prodotto è che poi, alla fine della fiera, tutti e due ci proviamo gusto.

Il Pensiero Produttivo è messo in moto dall’altro pensiero che recita: “Qualcuno (il Padre) mi ama quando io cerco la mia soddisfazione”. Ed è questo poi il Pensiero che fa guarire dalla nevrosi: il mio sentirmi autorizzato, dunque amato, quando perseguo la mia salute, la mia soddisfazione, il mio diritto. Senza questo Pensiero di amore da parte dell’altro per me nessuna cura è possibile, e neppure nessuna relazione.

Un bambino, di precoce ingegno e di precoci idee produttive, (disegni, disegni, disegni) correva sempre con le sue scoperte e le sue trovate dal padre e gliele mostrava. Il padre, sempre assorto nei suoi affari (spesso la lettura del giornale), rispondeva sempre distratto: “Sì, sì, va bene, bello”. Il bambino cercava una relazione (come la bambina del cucchiaio) con il padre, e invece trovava una causalità esterna, un falso giudizio, una assenza. Dovette la madre, ad un certo punto della tiritera, intervenire e dire al padre (dunque facendo lei da Padre): “Ma dagli una soddisfazione a questo bambino!”

Quel bambino è poi diventato un uomo (non certo per colpa solo del padre) che non ha mai saputo darsi Diritto ad essere soddisfatto dei propri prodotti, dei propri quadri, dei propri pensieri, della propria vita. Non ha mai venduto niente.

Allora l’ Io di cui stiamo parlando, può essere il risultato della somma dell’Io fondato sulle proprie rappresentazioni interne, più la assunzione del principio di realtà (offerta dal padre?). Somma che dà come risultato un Soggetto di Diritto, ovvero un soggetto che produce il pensiero che il mondo, la alterità, gli riserva dei diritti.

 

L’ Io allora, che viene fuori da queste riflessioni, è colui che produce un pensiero fiduciario verso la alterità; ovvero il Pensiero di essere uno che è appunto nel pensiero positivo dell’altro, che l’altro pensi, e pensi bene a lui, che l’altro abbia anche un pensiero di amore ma soprattutto di stima per lui. Questo è diritto si chiama Diritto reale di natura Personale.

Noi possiamo vivere soddisfazione se accanto alla attuazione dei nostri atti liberi poniamo la condizione, cioè il nostro Pensiero (a volte la nostra Fede, a volte la sola Speranza) che qualcuno, un altro (si tratta sempre del pensiero di Padre), ci ami proprio perchè noi perseguiamo la nostra soddisfazione con ardore e con coraggio, con Libertà. Perchè facciamo il nostro bene insomma cercandolo in tutti i modi. Mentre la patologia, la patologia del senso di colpa afferma che a fare il proprio interesse ci si deve sentire in colpa. Si deve pagare in qualche modo, come il primitivo pagava il dio per l’animale ucciso attraverso il sacrificio.

Qui ha sede il Diritto: il Pensiero che a qualcuno piace che io…qualcuno abbia piacere nel vantaggio che ne consegue alla attuazione della mia Libertà. Io devo pensare che un altro ha piacere che io abbia piacere anche quando il suo pensiero di soddisfazione è diverso dal mio. Lezione questa per i genitori che pensano che il “bene” dei figli sia ciò che loro pensano come bene: nulla di più offensivo.

Per concludere. Il soggetto di diritto, senza alcun dubbio è un soggetto laico. Laico è colui il cui Pensiero non ha bisogno di essere coperto alle spalle da nessuno. Laico è lo Spirito laico, spirito che è l’insieme di corpo e mente e che nella relazione libera tra queste due istanze pone il proprio principio di libertà da applicare nella sua esistenza (autonomia).

Laico è il soggetto della Volontà, proprio come Agostino, la intendeva. Sant’Agostino, freudiano ante litteram, affermava che se c’è peccato, c’è solo nel senso in cui il peccato è nella volontà, perchè il peccare, che è un volere male, non è che la conseguenza di un difetto della volontà.

“Peccato di volontà” va inteso come pecca o difetto, o impotenza a volere.

 

GUIDO SAVIO

 

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