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GUIDO SAVIO: LA LOGICA DELL’OFFESO

LA LOGICA DELL’OFFESO

La posizione dell’”offeso”, di colui che non sa stare al suo posto, perchè dall’altro ha (o pensa d’avere) ricevuto una offesa, è sempre una posizione di privilegio che autorizza (senza il pagamento di alcun senso di colpa) l’attacco verso l’altro e dunque l’obiezione alla relazione, proprio perchè lui vive l’ammanco, il furto, l’ingiustizia subita. La posizione dell’offeso, in  realtà, non è che una teoria patologica, secondo cui io penso di “avere diritto” al risarcimento per un’offesa (presunta) o una serie di offese ricevute (è il cavallo di battaglia dell’isterico). Diritto non dimostrato, né dimostrabile. Quella dell’”offeso” diviene allora una posizione “ansiolitica”, in quanto libera il pensiero dal dolore dell’ingiustizia subita e consente l’attacco alla stessa giustizia di cui non  è stato fruitore. Attaccare è sempre un modo per mettersi al riparo dall’angoscia. Nasce di qui quel sentimento melanconico controllato (i cui effetti benefici sono ben conosciuti), in cui narcisismo ed amor proprio la fanno da padrone.

 

Sappiamo che non possiamo essere o dire quello che vogliamo (ammesso che esista una conoscenza sufficientemente esaustiva del nostro  sapere e volere): la posizione dell’offeso lo autorizza a mettersi  nella liceità di volere, pretendere (dall’altro) ciò che vuole, contravvenendo alla regola fondamentale della relazione che richiama al rispetto della differenza dell’altra persona .

Vogliamo noi umani sempre il nostro vantaggio, anche se questo richiede di stabilire delle intercapedini, dei diaframmi nella relazione con l’altro. Questa azione di “isolamento” diviene una difesa e nello stesso tempo un attacco che permette all’ “offeso” di vedere nell’altro la causa del  male di cui si lamenta.  L’intercapedine, per l'”offeso”, non è il 38° parallelo, ma un luogo (franco) in cui dare battaglia. L’offeso è semepre un lamentoso, uno che si piange addosso ma per attaccare. E’ un militante che sa anche aspettare. E’ un sospettoso, guarda di sottecchi.

Esiste indubbiamente in noi esseri umani una certa volontà di “fare del male” all’altro: piccoli mali magari, che spesso stanno dentro alle parole o ai giudizi. Ecco, l'”offeso” no invece, spesso passa ai fatti che gli sono più facili da gestire rispetto ai ragionamenti.

Non possiamo nascondere che spesso il “parlare” degli altri è un “parlarne male”, quasi si trattasse di una esigenza per noi vitale. Forse per prevenire che l’altro lo faccia prima di noi. l””offeso” molto più probabilmente non solo parla ma anche fa (vendetta) perché il “fare del male all’altro” è un’affermazione della sua stessa identità.

 

L’“l’altro non vuole il mio bene”. Questo pensiero  autorizza l'”offeso” al ritiro dal rapporto, che spesso assume la forma della infedeltà.Ritiro per prendere lo slancio per il futuro attacco.

 

 

GUIDO SAVIO

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