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GUIDO SAVIO: DIO E LE FIGURE DEL MALE

 

 

 

 

DIO E LE FIGURE DEL MALE

 

(Alcune brevi riflessioni della Letteratura su Dio e Male)

 

 

Leopardi, nello Zibaldone, afferma che tutto è male e che la sofferenza è la essenza stessa del vivente.

Singer, nel suo Ombre sull’Hudson afferma che Dio stesso è un Hitler che si scatena contro l’uomo.

Ancora Leopardi afferma: “L’uomo si annoia e sente il suo nulla in ogni momento”.

Jonas suggerisce di togliere a Dio, per poterlo pensare, l’attributo di “potere”.

In Tutto ciò che muore, una cupa storia di violenza e di sangue di John Connolly, il protagonista chiede all’autore degli spaventosi delitti all’uomo che ha ucciso e anche scuoiato la figlia, perché lo abbia fatto. L’assassino risponde: “Perché potevo”. Perché ne avevo il potere.

Ricoeur sostiene che se il male fosse comprensibile non sarebbe più il male, mentre Dostoevskij nell’ Idiota afferma quanto sia difficile rappresentare una persona buona.

Barth afferma che il male esiste e non si può capirlo. “Dio è Signore anche del lato sinistro della creazione. Ed è anche il Signore del male”.

Simone Weil, leggendo il Libro di Giobbe afferma che è “da cima a fondo un puro miracolo di verità e autenticità”, in quanto Dio vi è completamente assente, “assente come un morto”. E per questo il Libro di Giobbe deve essere antichissimo, proprio perchè parla di un dolore inconsolato, che esiste fin dalle origini del mondo o, come dice Anassimandro, che è l’origine del mondo stesso. Il dolore come origine del mondo.

Barth, Buber, Johnas,  Weil affermano che l’atto di creazione non è un atto di potenza, bensì un atto di abdicazione. In questo senso Dio si è ritirato, non è sovrano.

Wiesel nel 79 afferma che Melville ha “resuscitato” Ismaele perché potesse raccontare della vita e della morte di Achab.

E’ altrettanto famosa la storia che tre rabbini avevano deciso di intentare un processo a Dio per giudicarlo in merito al massacro dei loro figli. Nel dolore del mondo, Dio non può non essere responsabile, e se lo è va giudicato.

Satana, nel Libro di Giobbe, afferma: “Sono il messaggero di Dio. Percorro la terra e gli riferisco delle storie. Vedo tutto. So tutto. Non posso fare tutto ma posso distruggere tutto”.

Adorno afferma che la filosofia di Auschwitz ha aperto il cancello su di un luogo che potremmo chiamare “no man’s land”.

E che dire di Agostino con il suo “Sive Deus, unde malum?”.

Ancora Leopardi, sulla scorta di Petrarca, afferma che noia e malinconia “sono il sentimento della vita in ogni istante”.

Per quanto concerne l’angoscia sappiamo che Faust è il sosia di Goethe e che Kierkegaard nel suo Diario sostiene la “strana inquietudine che la vita che egli vive non sia interamente usa” ma che la segua come un’ombra.

Stare ed andare, nella noia, sono la stessa cosa, il paradosso tiene insieme la vita e la morte, il pensiero e il nulla, il niente e la cosa.

 

Io penso che nulla più che la Noia sia la Malignità (Male) che casca sull’Uomo e/o di cui l’Uomo vada in cerca.

Per Noia intendo Qoèlet e la sua vanitas. Il vuoto è il luogo del Male: vacuum. Provate ad andare nella Grotta del Vento, in Garfagnana. Sotto non c’è nè luce nè suono nè percezione di  anima di chi si trova laggiù. E la dimensione del proprio essere non è più bene definita. Ci si perde. Sì è persi. Ma con il barlume di pensiero che prima o dopo si torna in superficie.

Ecco, il Male è tutto questo, però  superficie non c’è. La imboccatura della grotta è ancora da disegnare, e chi la disegnerà mai? Dio ci ha abbandonati?

E’ dal profondo della noia/angoscia/ Grotta del Vento che l’Uomo va in cerca di Dio: l’incontro sarà sempre un enigma.

 

GUIDO SAVIO

 

 

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