AUT AUT (SULLA DITTATURA)
AUT AUT è la condizione che porta alla dittatura. Nei rapporti di amicizia, nei rapporti genitori-figli, nei rapporti di lavoro, in politica ( soprattutto nell’esercizio del potere), ma ancor più soprattutto nei rapporti d’amore. O da una parte o dall’altra è il dettame dell’AUT/AUT (con la barra in mezzo): se tu ci stai (come la vedo o intendo io)…bene, altrimenti la cosa non funziona, non c’è condizione.
Proprio perchè parola “condizione” implica in effetti una “limitazione delle possibilità”, ovvero il limite che noi sappiamo invece essere reale regola di tutte le forme di convivenza. Dall’amore all’esercizio dell potere.
La formula della dittatura invece (nel senso di dictatus, un dettame) di sicuro porta alla esclusione mia e dell’altro dalla continuazione (condizione) del rapporto, (che su ben altre regole si basa). La dittatura è una modalità di trattare l’altro, gli altri, l’Altro come “oggetto”. Con l’oggetto non si ha rapporto.
Ma, vorrei tenere presente, l’oggetto non è la “cosa”, o la “cosificazione”. L’oggetto è frutto di un mio pensiero, di una mia modalità di leggere la realtà relazionale. Gli oggetti, in sé e per sé, non esistono. Esiste il mio modo di trattarli in quanto tali. Ovvero possesso.
Posso trattare come oggetto la persona con cui vivo, mio figlio, mia figlia, il mio cane, etc. Invece posso avere relazione con la mia automobile, il mio giardino, gli “oggetti reali” della mia vita. Dipende da quanto malato sono. Sì proprio così. Perchè ol trattare al alterità come oggetto o come persona è il discrimine della salite psichica.
Tutto dipende dal “dettato” che io applico nei loro confronti. Il loro trattamento.
AUT AUT allora non è l’esercizio del mio potere sull’altro, bensì la mia impotenza a essere “relativo” con l’altro, flessibile, malleabile, capace (capax, capiente). E’ mettere sul piatto la limitazione del mio essere e fidarmi che l’altro non ne faccia cattivo uso. Come diceva Cesare Pavese parlando dell’amore.
Il dittatore non si fida di nessuno e vede fantasmi armati di coltelli dietro ogni angolo della sua strada. E in questa strada non esiste “apertura” di nessuna porta e nemmeno della più pallida finestra. E ciò diciene allora la solitudine del vivere da solo, con solo oggetti, che regna e regola il tempo.
Per il dittatore il tempo è ristretto, (strictu sensu) e dunque vissuto come angoscia (vedi Kierkeegard), in quanto il pensiero è completamente saturato dal timore che l’altro mi sia di danno. E da qui l’avvio verso la morte, inferta all’altro/a e/o a se stessi.
Ovviamente che dentro il dittatore regni la paranoia non ci sono dubbi.
E sappiamo che il paranoico più che un sofferente è semmai un militante che fa del proprio credo una fame di conquista per dispensarlo e applicarlo agli altri. Un missionario, par l’appunto, perverso.
Il dittatore è un conversore, non un confessore.
“Tutto va bene”, scriveva Saba , ma anche noi tutti, senza essere poeti, diciamo che la vita è quello che è, dobbiamo adattarci e non fare voli pindarici. Tutto ciò che accade, nulla escluso, nel bene e nel male, è la vita che ci aspetta domani e dopo domani. Le strade sono aperte (se si vuole). Non per il dittatore.
“Tutto va bene” è ancora la conferma di piccoli frammenti di speranza del Qoelet, quando l’Ecclesiaste dice: “Mai l’occhio è sazio di vedere,/ Mai l’orecchio è sazio di sentire” (Qoelet, 2, 9). Poi il resto sarà anche “assolutamente niente di nuovo sotto il sole” ma intanto noi siamo curiosi e ricchi di speranza in quanto uomini umili e contraddittori. Qoelet è un presuntuoso ma non è un dittatore, uno che ha relazioni solo oggettuali. Il dittatore non ha speranza ma solo certezza, falsa e mortifera certezza.
AUT AUT è la condizione che porta alla logica/costrizione della inclusione (saprofitica) o della esclusione (spesso violenta) dell’altra persona. La si soffoca o la si mangia. Molto vicina la pratica dell’AUT AUT al “O con me o contro di me”. Ma quewlle parole erano “parole sante”. Si sta da una parte insomma, o dall’altra, ma le conseguenze sono imprevedibili. Immaginiamo che una relazione tra due persone sia basata su questa logica (e di relazioni di questo tipo popolano più di quello che pensiamo il nostro mondo).
Il nostro mondo non avrebbe scampo. Come non ha avuto scampo chi è caduto vittima della infinite dittature che hanno lastricato la nostra storia millenaria.
AUT AUT non è dunque una logica, ma un sistema di sconvivenza (forzata? forse) in cui la legge sana e vivifica del compromesso non vige nè regna.
La dittatura è la uccisione della Legge aristotelica della non contraddizione.
Legge aristotelica della “non contraddizione”. Siamo fatti, nella nostra humanitas, della disposizione al mondo e del ritiro da esso, siamo fatti di assunzioni di grandi responsabilità e nel contempo di codardie imperdonabili, di gesti meschini e di accettazioni impensabili. Ciò che Paolo dice nella Lettera ai Romani ma tuttavia il Regime dittatoriale non lo consente. Essere anche deboli per essere anche forti.
Eppure la coesistenza delle diversità, anche apparentemente incompatibili, rende possibile la vita e la relazione. Se io non “lascio” all’altro il suo pensiero e non lo voglio ridurre al mio, vivo all’interno della logica dell’ AUT AUT e tutto questo crea sangue o lotta. La salute della relazione, di tutte le relazioni, sta senso che c’è posto per tutti, e il posto sta molto oltre la stima del nostro pensiero.
Non possiamo escludere la diversità di cui l’altro è portatore. Allora la “logica” AUT AUT è la logica della volontà forte verso la distruzione della relazione. AUT AUT non reggerebbe nella salute, perché non si possono escludere dalla relazione parti dell’altro. O meglio, si possono anche escludere, ma non misconoscere.
Concludo . Chi ama non può volere , non nello stesso momento e nella stessa istanza, e non nella continuità che l’altro gli risponda a tono. La logica del compromesso e dunque della salute chiede una scelta: “Io ci sarò in ogni caso in cui tu mi dia modo di avere un fine per esserci”. Dunque recipèrocità. La dittatura a tutto mira tranne che alla reciprocità.
E io ci sarò nelle condizioni e nei momenti in cui capirò che le condizioni della salute sono quelle in cui io vivrò corpo e psiche miei e tuoi nella dimensione della reciprocità, della vicinanza, del corpo che non si difende ma del corpo che si dà. Avrò, insomma pensiero e cura per un altro e non mi occuperò solo di un “oggetto”.
La nostra casa, quella di ognuno, è parva sed apta mihi. In cui tuttavia, in due, ci si può stare benissimo.
GUIDO SAVIO