VACCINO E BAMBINI
Alcune riflessioni sulla questione della vaccinazione dei bambini.
A decidere sulla vaccinazione del bambino (5 – 11 anni) non è il bambino ma i genitori.
Quali possono essere i pensieri dei genitori in riferimento a ciò?
Prima di tutto la “chiamata” alla vaccinazione pone il genitore davanti ad una propria “identificazione”. Quella tra se stesso e il proprio figlio/a. Questa identificazione ha tuttavia caratteristiche particolari.
Il genitore vede (riflette, se vogliamo) se stesso nel proprio figlio/a non nella sua globalità Corpo e Psiche, ma lo vede in una particolare situazione: quella del dolore, del rischio, del pericolo. Per dire in altro modo il genitore che si identifica nel figlio/a lo fa in modo parziale, intendendo un aspetto isolato del tutto. D’altra parte la Psicologia ci insegna che tutte le forme identificative avvengono in pars e non in toto.
Il genitore che si sente responsabile della scelta, trasferisce per l’appunto tutte le sue paure, ansie, preoccupazioni , domande e anche il proprio sano “essere bambino” , sul proprio figlio/a. Proprio per questo l’identificazione al possibile dolore dell’altro è un tipo particolare di identificazione. Diciamo che va a toccare un nervo molto scoperto e proprio per questo funziona da collante molto stretto e spesso poco chiaro tra genitore e figlio/a. Ed è questo un tipo di identificazione difficole da chiarire e che rende ancor più difficile la decisione.
La frase canonica che si sente dire da molti genitori è: “Sì, ma non su mio figlio”, come se la puntura sul braccio e l’ipotetico dolore conseguente, fosse lui in prima persona ad infliggerlo al bambino (e dunque anche a se stesso).
Ritengo allora che la “difficoltà” della decisione di vaccinare i propri figli dipenda prima di tutto dal pensiero di “innocenza” che noi adulti abbiamo nei confronti dei nostri bambini, e di una ingiusta loro esposizione a dolore e pericolo. Del tipo che non si può fare del male ad un “innocente”, non si può metterlo a rischio, non si può calcolare la conseguenza di un atto “inferto” all’innocente. E dunque il dubbio del genitore, che a volte si risolve in un ripetersi di una scia d’ansia. Altre volte in un diniego.
Io vedo un grande quantità di genitori che pur vaccinati con la terza dose hanno serissimi dubbi se vaccinare il proprio figlio/a o meno.
Questa decisione (vaccinare o no) a cui il genitore è posto di fronte è molto più ansiogena che quella di far rispettare, ad esempio, un suo “no”, oppure applicare una restrizione di libertà, comminare un castigo, sequestrare il telefonino o la playstation, etc.
I genitori del tempo presente hanno meno fiducia dell’altro/ Altro (Scienza?) rispetto ai nostri vecchi genitori, che la Scienza nemmeno sapevano che cos’era, eppure hanno accettato la obbligatorietà della vaccinazione antipolio, l’antimorbillo, l’antivaiolosa, l’antidifterica.
Per concludere direi che la difficoltà a vaccinare i propri figli è una proiezione delle ansie o delle angosce dei genitori, che si mettono in moto quando pensano che le stanno trasferendo sui propri figli, e questo rende ancora più difficile distinguere il bene o il male che il vaccino potrebbe o meno portare vaccino.
GUIDO SAVIO