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GUIDO SAVIO: L’INTUIZIONE ARTISTICA TRA INCONSCIO E COSCIENZA

 

 

L’INTUIZIONE ARTISTICA TRA INCONSCIO E COSCIENZA

In una famosa conferenza sull’arte moderna Paul Klee parla del “gioco del pittore moderno” il quale, usando gli elementi del colore, della forma e della linea, crea il proprio ordine. Un ordine non prestabilito ma un ordine che egli stesso crea: lo strumento di tale creazione è l’intuizione. Il raccogliere il molto in poco. Il raccogliere il poco chiaro in un elemento distinto. Il portarsi dell’artista dal proprio inconscio come magma vitale all’ espressione dell’atto comunicativo (che un ordine necessariamente deve avere).

 

Lo stesso bambino d’altra parte prova un estremo piacere nel giocare con il linguaggio, con le sillabe (la lallazione) per giungere, come afferma Freud, alla acquisizione della padronanza del linguaggio stesso, per ordinarlo. Il bambino parte da un proprio pensiero non sperimentato al produrre parole e discorsi che rispecchiano la sua assoluta individualità nel mettere al mondo quelle che sono le sue emozioni, intuizioni, visioni, elucubrazioni, valutazioni, etc. E anche il bambino come l’artista dà ordine al proprio intuito, alla fotografia che egli ha fatto della propria realtà (intima e oggettiva).

 

Sarà per questo che Freud poi non considerava forme artistiche né l’espressionismo né il surrealismo (per lui Salvador Dalì era un folle al 95%!) perché non portavano a nessun ordine del pensiero. L’intuizione (e la eccitazione) non percorreva abbastanza strada per diventare comunicazione. Ma questo è un pensiero del padre della psicoanalisi.

 

Più avanti negli anni Freud vedrà il poeta, lo scrittore, il pittore come persone che scelgono nel processo preconscio le strutture più significative secondo il proprio intelletto e secondo i propri conflitti interiori per dare ad essi un significato leggibile. E da allora in poi nessuno degli psicoanalisti avrà dubbi che l’arte sia realmente un “portare alla luce” le caratteristiche inconsce, preconsce e rimosse dell’artista stesso.

 

Portare alla luce secondo un percorso che può essere assimilabile a quello della gestazione della madre che porta il bambino alla nascita. La scintilla d’amore che gli ha dato “avvio” è stata una intuizione in ogni caso (di due che avevano coscienza oppure che avevano solo inconscio in quello che facevano). Sul fatto che la produzione artistica sia “al femminile” non esistono dubbi. E la donna è più vicina all’ordine rispetto all’uomo.

 

D’altra parte scrive Arnheim in Entropia e arte che “qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l’ordine ne è una indispensabile condizione”.

 

Ed è quello che Freud chiama “principio di costanza”, cioè la tendenza a mantenere costante la tensione della eccitazione (Al di là del principio di piacere). Mantenere “costanza” significa mantenere leggibile il libro della intuizione. Che le parole della intuizione non diventino troppo oscure o troppo confuse. Il lavoro duro dell’artista è quello di mantenere dentro ai binari la propria intuizione affinché non debordi nel caos o nella follia. In sostanza l’arte deve essere comunicabile all’altro, non può scivolare nello scolo del lavandino.

 

Quando Kris parla di “magia” della produzione artistica fa un netto e interessante distinguo. Afferma che nella sua funzione comunicativa l’immagine si pone al fianco di gesto e parola. Ma mentre per il gesto e la parola è necessario un referente “presente al momento”, una persona cioè a cui questo tipo di comunicazione è indirizzato, l’immagine non presuppone questa presenza, e starebbe qui la componente magica dell’arte: l’immagine controlla il tempo al di là del suo passare. E in quanto tale si deve rivolgere a qualcuno che la possa leggere.

 

Magica ma anche sacrilega: i primi biografi avevano assegnato agli artisti questa prerogativa: l’eredità dei semidei mitici che avevano l’unica caratteristica comune di essersi ribellati agli dei e per questo essere stati puniti: Dedalo imprigionato, Wieland lo zoppo, Efesto lo sciancato e primo tra tutti Prometeo incatenato.

 

Il guardare in effetti include sia l’elemento dell’intelligere l’oggetto, sia quello di possederlo. Come il bambino che mette in bocca l’oggetto per conoscerlo ma anche per possederlo (succhiarlo o morderlo, nella distinzione delle due azioni che fa Glover in “The significance of the Mouth in Psyche-Analysis”).

 

“Il Signore Iddio formò l’uomo di fango della terra, e gli ispirò in faccia un soffio di vita; e l’uomo fu fatto in anima vivente” (Genesi, 11, 7).

 

Come afferma Michelangelo: “tirai dal latte della mia balia gli scarpegli e ‘l mazzuolo con che io fo le figure”.

L’arte in fin dei conti è un tentativo di redimere la vita dalla sua incompletezza, con l’intento di renderla più comprensibile e, anche se non sempre ciò è facile, ordinata.

Se il mondo non fosse che uno “schizzo non finito” come sostenne Van Gogh, l’arte non avrebbe neppure motivo di esistere e forse non sarebbe nemmeno nata.

 

Il bambino prende in mano la matita perché vede che c’è qualcosa di inconcluso davanti ai suoi occhi e con la sua osservazione e il suo intelletto, cerca…di porvi rimedio.

L’artista può avere un atteggiamento ambivalente nei confronti del mondo: lo vorrebbe cambiare ma anche a volte distruggere, ed è questo atteggiamento ambivalente che muove poi l’intuizione.

 

Il bambino produce l’ intuizione, come l’artista, che disegnando, acquista potere sulle persone raffigurate per fare loro del bene oppure del male (senso di colpa compreso) per cui sentimenti di riparazione diventano essi stessi motivo di intuizione e di produzione artistica (vedi ad esempio tutta l’arte romantica del caos creatore).

 

Nell’opera d’arte le componenti inconsce e coscienti non sono affatto disgiunte e addirittura possono apparire indissolubili. Freud stesso definisce il talento artistico come una “flessibilità della repressione”, intendendo che per l’artista l’inconscio è più facilmente accessibile rispetto alle persone “comuni”.

 

Hauser afferma che “non c’è ispirazione artistica senza una precedente organizzazione, e non c’è organizzazione artistica senza certi elementi – per natura impenetrabili e insostituibili – dell’ispirazione”.

 

In effetti possiamo dire che la prima idea che muove un artista a produrre deve essere concepita premeditatamente e coscientemente. Tuttavia nel “prodotto finito” l’artista spesso si ritrova a incontrare una felice ispirazione, un nesso insperato, una associazione fortuita, un colpo di fortuna che gli porta il prodotto finito anche parecchio lontano dalla idea iniziale.

 

Come può essere stato ispirato Leonardo nel suo inconscio per poi tracciare il corpo e le vesti di sant’Anna? Caterina era la vera madre di Leonardo che lo aveva alimentato di amore e di latte, e Leonardo la ricambia offrendole un sorriso quasi compensatorio per il “furto” subito dalla madre reale dell’artista.

 

Freud, per tre settimane si reca tutti i giorni a San Pietro in Vincoli per ammirare, misurare, riflettere sul Mosè. Il suo intento era quello di captare il “perché” Michelangelo avesse fissato nel gruppo marmoreo proprio quell’istante (ovvero le Tavole della Legge che stanno per scivolare dalla mano di Mosè).

 

Freud era alla ricerca di un perché o della “ispirazione” di Michelangelo”? Era alla ricerca della “ispirazione” di Raffaello nella Madonna Sistina, vista più come una bambinaia che come la Regina dei Cieli? Forse era alla ricerca di quanto attivo fosse Michelangelo nel pensare a Mosè e quanto passivo nel ricevere l’ispirazione per coglierlo proprio in quel momento, nel momento in cui le tavole delle Leggi cadevano per terra, nel momento della crisi, nel momento forse dell’angoscia e della melanconia. Che tutti gli artisti si “sentano” ispirati nel momento della melanconia?

 

Oppure al contrario nel momento della eccitazione. Da molte testimonianze autobiografiche sappiamo come e quanto gli artisti siano eccitati nel momento della intuizione, di come essi, in qualche modo si sentano “chiamati” a rispondere ad una domanda. La domanda è sempre quella del come “dare alla luce”. Tanto quanto il bambino che disegna con le Staedtler, che usa i Sakura – Crai – Pas e il Pongo è convinto che sta mettendo al mondo “qualcosa” che prima non esisteva. E’ questa la vera e propria eccitazione, forse quella della madre di Leonardo e della balia. Della Madonna e di sant’Anna.

 

E la scienza non è da meno. Molti scienziati “dedicano” le loro scoperte alla casualità, alla “eventualità”, alla ispirazione del momento (o al soffio del momento) a partire dalla mela di Newton in riferimento alla scoperta della legge sulla gravità. Il pensiero scientifico, come quello artistico, non è mai completamente disgiunto dal processo inconscio, dalle pulsioni soggettive, dalle emozioni, dagli investimenti libidici.

 

L’ispirazione allora è un “anelito” che chiama l’artista, ma che anche l’artista emette dai propri polmoni. Passività e attività si mescolano nel “mettere al mondo” quello che prima non esisteva. Il passo successivo alla ispirazione è l’estasi. Ma qui ci dobbiamo fermare. L’estasi è un’ acme emotivo incontrollabile, mentre l’ispirazione comporta la elaborazione attiva della creazione di un Io che ha una finalità e un senso in testa. Nel cuore. Meglio in tutti e due.

 

GUIDO SAVIO

 

 

 

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