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GUIDO SAVIO: PAURA (CORONAVIRUS)

PAURA

 

 

 

Mi sono trovato spesso in questi tempi difficili a chiedermi quale possa essere non tanto il motivo, la causa, lo stimolo che determina questa paura, bensì mi sono chiesto quale sia nella nostra intimità la architettura, il terreno, il background dove essa affonda, o si appoggia, o trova la sua linfa vitale.

Ovviamente intendendo che la paura è uno dei più sani sentimenti che contraddistinguono il nostro essere umano. Sano perché ci fa vivere, difenderci, attivarci.

Ma la paura è anche il sentimento che maggiormente (assieme all’angoscia) ci fa soffrire, ci limita, ci toglie pezzi e possibilità di vita.

Mi ha molto colpito una notizia che ho sentito stamattina (martedì 12 maggio 2020) alla radio.

Dopo le aperture (ahimè disordinate) del lockdown in Italia, solo il 4% della popolazione ha cambiato le proprie abitudini rispetto alla… reclusione forzata. Solo il 4% ha messo il naso fuori dalla porta di più che prima.

So per “mestiere” che una delle fasi più difficili dopo un ricovero ospedaliero in psichiatria o in una casa di cura per “malattie mentali” è costituito dal cosiddetto “ritorno nel Mondo”.

So per “mestiere” che una delle fasi più difficili per un detenuto che viene scarcerato e quello di ritrovarsi di fronte alla “Società”.

 

Allora siamo autorizzati a pensare che si stava meglio quando si stava peggio? Il rischio di “uscire” è peggiore dell’ansia del rischio di affrontare il rischio di vivere, e dunque “stare dentro”?

 

Per il detenuto tornare al mondo è reinserirsi nella competizione, nel dover domandare, nel farsi vedere dagli altri. Anche se so benissimo che ci sono criminali incalliti che se ne strafregano di questi filosofismi.

Lo stesso per l’ammalato “psicologico” che esce dalla struttura (per l’appunto protetta): la pena è quella di tornare a “confrontarsi” con un Altro che si pensa ostile, superiore, cattivo, accusatorio, disinteressato e in ogni caso sempre, ma sempre, superiore, più forte. Il fondo paranoico ci sta tutto.

La solita grande differenza (e scelta) insomma tra Protezione e Libertà. Tra restare dentro e uscire fuori. Tra  lo stare nascosto e il “farsi vedere”.

Tornando al Coronavirus, o alla sua cosiddetta Fase 2, ci accade che noi  non usciamo più dalle nostre case allo scoperto, così disinvolti come prima, dopo gli “arresti domiciliari” imposti giustamente dal Governo per far fronte al Coronavirus, perché pensiamo che l’altro, l’Altro, l’Esterno, il Mondo, etc. sia diventato più forte della nostra debolezza.

Balbettiamo la nostra Libertà perché pensiamo che fuori dalla porta di casa ci sia il Nemico che ha più carte da giocare di noi? Possa colpirci quando meno ce lo aspettiamo? Sia più furbo di noi? Sappia quello che noi non sappiamo? Che il Nemico sia l’Onniscienza e l’Onnipotenza di cui, eppure, un tempo ne abbiamo fatto un Dio?

Se io dico a qualcuno “fatti vedere” nel senso amichevole, amorevole, sanamente invitante della accezione della espressione, gli offro una opportunità di apertura, gli offro una occasione di uscire dal suo nascondimento.

Ma devo stare attento in quanto ogni nascondimento è funzionale al nostro equilibrio. E “natura non facit saltus”. Non si può forzare l’altro, nè strapparlo anche dalle “prese patologiche” alle quali si era appigliato, come l’inibizione, il ritiro, la diffidenza, la paura appunto.

Noi non possiamo tirare nessuno fuori a forza dalla propria scelta, qualunque essa sia, anche quella del fare del male a se stessi.

Ma in questi tempi difficili che hanno cambiato per sempre i Tempi, la cosa non è tanto scontata. Non è tanto automatica né semplice.

L’altro, in questi tempi, non è più quello che ci siamo aspettati prima, né quello che ci hanno insegnato mamma e papà, neppure quello che ci ha insegnato la Religione. E’ un altro al quale noi dobbiamo ri-prendere le misure.

Come se noi dovessimo ripartire da capo in quella attività vitale, soggettiva e sociale, che ha portato l’uomo fuori dalla caverna e allo sviluppo della Società in cui bene o male viviamo: fidarci.

Ecco. Direi che la paura è riprendere e ridare (per le persone sane) la Fiducia all’altro e all’Altro.

 

La più sottile “distruzione” che il Coronavirus ha operato (almeno nelle persone sane) è stata quella del “fidarci”, in qualche maniera dell’Altro, del Mondo, dell’uomo e della donna che mi siedono vicino nella panchina del parco o al tavolo del ristorante (quanto mai riapriranno). Perché esistono anche persone non tanto sane che la fiducia non sanno nemmeno cosa sia. ma questo è un altro discorso.

“Fatti vedere” allora è un invito che il Mondo ci fa, che l’Altro ci fa. Che va ascoltato. Non una pretesa all’altro: “Mettiamoci (noi due) nella condizione di non avere paura l’uno dell’altro”.  Così posta non funzionerebbe mai.

Paura è sempre paura che l’altro entri troppo in noi, fino a toccare la nostra debolezza, che poi l’altro ci rifiuti per questo. E dunque il nascondimento dell’ex carcerato, del “dipendente” che esce dalla  “casa protetta”, o de misero 4%  degli italiani che “azzarda” di uscire di casa (a Coronavirus ancora in corso) quando un po’ i portoni delle stalle si sono aperti.

 

Poi paura è paura di morte, paura di perdita, paura del non essere. Ma questi sono discorsi troppo difficili.

 

GUIDO SAVIO

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