INTEGRALISMO ( CE N’E’PER TUTTE LE SALSE)
Leggevo nei quotidiani qualche giorni fa della morte di Hugh Hefner, fondatore e padrone di Playboy, morto a 91 anni. Io ho pensato che se a fare quella vita lì si campa tanto così…… uno ci potrebbe anche fare un pensierino! Ma non è questo il punto.
Il quale Hugh, nel 1953 dispose nella copertina della sua rivista, per la prima volta, in un mondo elisabettiano, maccartista, freddo (raffreddato dalla guerra fredda) il corpo nudo di Marylin. Però fotografato da davanti, non di sbieco. Non nel modo con cui l’accavallamento delle gambe o l’incrocio delle braccia avesse potuto aggirare la censura. Altrettanto mai era successo prima di allora. Si poteva …vedere tutto. Che se Lucio Dalla l’avesse saputo avrebbe scritto: “Ti hanno visto alzare la sottana, la sottana fino al pelo, che neroooo”. Pardon!
Era il nudo integrale in pratica: io qui di integralismo vorrei parlare.
Integrale significa integrum, non toccato, non spostato dalla propria posizione naturale, “fatto come mamma t’ha fatto”. Casto.
Ma della castità molte ideologie ne hanno fatto un campo di battaglia. Non toccato e non toccabile per nascita, per sangue, per cultura, per dislocazione geopolitica? etc. diventa un arrocco di scacchi impenetrabile.
Eh beh, ma allora se nessuno può venire toccato come la mettiamo con la Civiltà, con lo sviluppo della Storia dell’uomo? Sic stantibus rebus, le “cose” della vita e della storia resterebbero ferme, immobili, intonse, sacre, e per questo destinate a morte prematura se non fossero mai state toccate. Non ci sarebbe mai stata Storia con l’integralismo. E certi fatti osceni di questi ultimi tristi tempi lo dimostrano.
Sarà mai l’integrale, il “naturale”, l’intonso, il non contaminato, il non contaminabile? Non so. Non so se Natura equivalga a Integrità.
Sempre in questi giorni ho visto in televisione la triste e trista sagoma di Al Baghdadi (il pilota dell’”Airforce One” targato ISIS) salire su, tenendosi con la mano tremula e il passo incerto, per la ringhiera di una scaletta, verso un pulpito che portava ad un improbabile pulpito delle nostre chiese romaniche (che moschee non sono), che lanciava le sue ultime (“data” non semper certa sunt) invettive contro l’Occidente “kafiruna”, (infedele) ma anche contro Kim Jong-un, poverino. Ma non ho ben capito la connessione.
Ancora. Una paziente è venuta da me per poco tempo, parecchi anni fa. Era il tempo invernale. Mi parlava delle sue difficoltà ad “essere accettata” nel corpo da parte dei suoi partner, della difficoltà ad essere accettata nel suo “intimo”. Di mestiere questa giovane donna faceva la “tatuatrice”, ma io, entrando lei in studio di inverno, dunque sempre vestita, e distesa sul divano, non vedevo dei suoi tatuaggi, che la testa di un piccolo drago che usciva dal collo.
Ma il tempo invernale divenne presto il tempo primaverile e un giorno, d’emblée questa giovane donna è entrata in studio con un vestitino stretch che le copriva il copribile, a salvezza del comune senso della decenza. Quello che si poteva vedere era un corpo stupendamente addestrato e plasmato (non dico palestrato), istoriato (ma me subito parve “martoriato”) da forme, animali, parole, colori, bocche aperte e occhi sgranati, caratteri runnici, cuori e rose del “tatoo”. Tutto il corpo era tatuato, nessun centimetro escluso (almeno di quello che era dato a me di vedere).
E allora la domanda per cui quella giovane donna si era rivolta a me (non essere “desiderabile” dagli uomini) ebbe per me una immediata risposta. L’intimo e il pudore erano stato violati: dunque nessuna relazione era possibile. Il corpo come una Google map in cui ognuno poteva orientarsi a modo suo.
Ma sappiamo che perché la relazione funzioni, è necessario che ognuno stia al proprio posto, e non che vaghi sul Tom Tom.
Integralismo anche questo? Forse. “O mi prendi così come sono o niente?” La mia integrità è questa, riscritta certo sulla pelle, riprodotta contrariamente a “come mamma m’ha fatto”.
E allora mi chiedo, la naturalità, la spontaneità che sono la linfa vitale della relazione, dove sono rotolate nel caso di questa giovane tatuatrice?
Dove era qui l’integralismo? Nel fatto che nulla si potesse cancellare?: “O prendere o lasciare” niente Logos, niente Parola, niente discussione, niente mediazione. Ovvero “se mi vuoi questa sono”, l’integralismo dunque cattivo e arcigno.
Se clicco in rete la parola “Integralismo” mi viene fuori: politico, cristiano, islamico, vegano e tutta la ridda delle “esagerazioni” verso cui la nostra “società liquida” ci spinge come pecore nel recinto.
Voglio dire semplicemente: ce n’è per tutti i gusti, per tutte le salse. Nessun modo di pensare (non dico solo ideologico) su questa terra, è esente dal pericolo dell’integralismo.
Ma, quello che mi fa maggiormente pensare, è che anche nelle relazioni umane (amore, amicizia, etc.) l’integralismo ha una sua comoda seggiola su cui sedersi.
Basta che io opponga al rapporto i calzini fuori posto, il tubetto del dentifricio avvitato male, la lavata di capo ai figli…insomma il pretesto.
Il pretesto è l’integralismo laico che maggiormente miete vittime nel nostro vivere l’amore e la convivenza.
Queste poche riflessioni (da blog) non vogliono essere una trattatistica che si spinga a dire che l’integralista è chi è integro e dunque ha “diritto” a imporre la propria integrità sull’altro, ci mancherebbe.
Tuttavia la mia esperienza clinica mi suggerisce di dire che l’integralismo ha fatto più vittime tra persone che stanno insieme in una apparente sobrietà, più di lupara e coltelli.
Hugh Hefner non voleva seminare zizzania, come di sicuro anche Al Baghdadi, e nemmeno la giovane tatuatrice. Figuriamoci Kim Jong Un.
L’integralismo è purtroppo impossibile da capire perché non c’è nessun mezzo per trovarsi a mezza strada e…parlare. Manca il Logos, la mediazione. E noi, purtroppo, tutti, pensiamo sempre di essere dalla parte della “ragione”.
GUIDO SAVIO