LA LEGGE DI MURPHY
Dalla accettazione della “sbavatura” della propria vita, alla fetta di burro e marmellata che inevitabilmente cade sul tappeto.
Ieri uno studente di Ingegneria che viene da me da qualche anno (dopo la morte del padre), parlando di quella che secondo lui sarebbe la soluzione (accettazione) dei propri problemi, ha usato questa espressione: “Accetterei di essere una ‘originale sbavatura’”.
Io io vedrei in questa bella frase la accettazione del principio di realtà. La accettazione del limite. Il fermo posta per qualsiasi persone che abbia un minimo di sale in zucca. La ‘sbavatura’ (a mio modo di vedere) è il segno e anche il senso della nostra vita.
E’ questa l’espressione che finora, in tanti anni di lavoro, mi è sembrata più vicina a quello che è il mio concetto di salute.
Per sbavare poi …sbaviamo tutti. La sbavatura è il labor limae , cioè il tirare via quello che è in eccesso e non piangere per il latte versato. E’ anche lasciare che Altro porti via qualcosa dal nostro Tempo/Essere. Il labor limae della Poetica di Orazio è sempre pur tuttavia “restare sul pezzo”, affinare, rendere migliore, cesellare non solo il proprio lavoro poetico ma anche la propria vita.
Ricordo tanti anni fa, gli sfoghi, parlando delle ore passate davanti al tornio, di certi miei coetanei e amici che frequentavano l’Istituto Tecnico che facevano due ore di “Lima” alla settimana. Loro toglievano, sfrondavano, per arrivare ad una sostanza più pura che poi era il pezzo di ferro. Cioè miglioravano la materia come miglioravano se stessi. Anche se si ferivano alle mani.
La salute non è l’accanirsi verso la perfezione, ma la accettazione della riduzione che il lavoro della lima porta nella vita di tutti noi.
Così questo studente di ingegneria accettava il limite, il togliere che la vita chiama proprio per crescere. Infatti aveva una bella e buona ragazza che frequentava il suo stesso Corso di Laurea.
Secondo me la salute è la accettazione della sfrondatura: tempo, possibilità, abilità, doti…dopo averle messe in atto tutte (per quanto possibile). Saperle perdere o vederle ridursi.
La accettazione sostanziale di se stessi non è la sbavatura intesa come rassegnazione a un “ribasso” a una “limitazione impoverente” , di un “ammanco”, bensì la accettazione che la propria identità sia originale e in quanto tale diversa da tutte le altre proprio perchè frutto o lavoro di labor limae. Che questo lavoro lo faccia la Vita che passa, il tempo, gli altri, la memoria che non è più la stessa… poco conta.
Che il labor limae lo faccia il dio di turno o lo facciamo noi stessi, poco conta. Spesso le due operazioni si sposano.
Questo primo studente aveva dunque un buon pensiero del suo crescere come “raffinare/si”. Cieè avere una visione del mondo al futuro avvenire.
Poco più tardi ho ascoltato un secondo studente sempre di Ingegneria che mi ha sciorinato la famosa “Legge di Murphy” per giustificare la sua visione negativa del mondo, la sua rassegnazione alla perdita e alla sconfitta, la sua rinuncia ad essere, la inevitabilità del Fato, il destino che dice che la fetta imburrata cade sul tappeto sempre dalla parte della marmellata e del burro. Mai della fetta biscottata. E il tappeto inevitabilmente si sporca.
Ed è ovvio che così sia perchè il burro e la marmellata pesano di più della fetta biscottata.Ma questa è la legge del tempo, questa la vita, questadovrebbe essere la crescita e la accettazione della “sbavatura” salutare e felice (felix, feconda).
Ma questa visione del mondo, e del proprio futuro, è una visione “deterministica” . Tanto mi dà tanto.
La visione del mondo di questo secondo studente ( che nel primo suonava come “una originale sbavatura”, cioè che la perdita fa parte del gioco) era invece per lui una “castrazione”, un perdere costante,una rassegnazione al determinismo, un non avere più frecce nella propria faretra, forse una rinuncia alla vita. Non so. E così, questo secondo studente mi ha detto alla fine della seduta di fronte ad un mio invito alla reazione al suo negativismo: “Allora piuttosto muoia Sansone e tutti i Filistei”, meglio la scelta catastrofica piuttosto di quella prolifica. Cioè quella della accettazione del limite. Che realmente la fetta caschi dalla parte della marmellata. Ma, dico io, su questo non ci possiamo fare niente. Ci possiamo fare invece, a partire da questo “ovvio” che è. E poi …avanti!
Ovvio che per questo secondo studente la possibilità che la sua fetta imburrata cadesse sul tappeto dalla parte del burro era direttamente proporzionale al valore del tappeto. E i tappeti in casa li aveva quasi tutti esauriti. Infatti non aveva nessuna ragazza che raccoglieva le briciole delle sue fette biscottate.
GUIDO SAVIO