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LIBERI E LIBERTINI

IL GIUNCO PENSANTE DI PASCAL

LO SFONDO LIBERTINO

In un bel libro di Antonio Trampus intitolato “Il diritto alla felicità” (Laterza, Bari 2008) c’è un capitolo che parla di libertini e libertinaggio.

I libertini del Seicento erano quelle persone che si erano liberati dai condizionamenti politici e religiosi. “Libertini” è una espressione che deriva dal latino e che designava originariamente gli schiavi affrancati. Poi, con il passare degli anni della storia, i libertini divennero coloro che si erano liberati sostanzialmente dal peso della tradizione, dal peso del vecchio.

L’Illustre medico Guy Patin affermava che “ci siamo scrollati di dosso la supersizione, ci siamo sbarazzati di tutti gli scrupoli, che sono tiranni della coscienza, e forse arriveremo quasi in paradiso”.

Forse troppo per un pre- illuminista, comunque il concetto che qui vorrei esprimere è che nella sua origine la parola “libertino” intendeva il mantenere un atteggiamento di scetticismo di fronte ad ogni verità (quindi usare il proprio giudizio), essere diffidenti di fronte ad ogni dogmatismo (e quanto mai la nostra terra, ma soprattutto il nostro etere, sono stati così pieni di dogmatismo), utilizzare il metodo del dubbio (che non è che non ho fede nell’altro, ma l’altro mi deve dare prova che la merita). Il libertino ha testa, non è affetto da dabbenaggine. Diremo noi psicologi: sa cogliere la propria patologia e anche la patologia dell’altro.

Non a caso paladini del libertinaggio erano soggetti quali Montaigne, Naudè, Gassendi, Cyrano de Bergerac fino allo stesso Spinoza.

Ma fino anche a Pascal che nei suoi “Pensieri”, pubblicati dopo la sua morte, nel 1669 porta il famoso esempio: la grandezza della persona consiste nella sua capacità di riconoscersi miserabile e di accettare di essere debole come un giunco, anche se pensante.

Libertino è il giunco pensante di Pascal, ovvero uso del proprio pensiero in merito alla propria competenza, nel rispetto del proprio limite. Senza limite non esiste nè libertinaggio nè tanto meno libertà.

Guido Savio