La bambina, nel rapporto con il padre, introduce il pensiero di “aldilà”, l’oltre.
Scrive Bataille: “Il sovrano, o la vita sovrana comincia quando, assicurato il necessario (la nostra bambina la pappa ce l’ha e sa anche come mangiarla), egli sa andare aldilà dell’utile”.
Certo, noi abbiamo, e giustamente, valutato e anche osannato il lavoro, il lavoro che dà la condizione dell’utile dentro alla quale noi viviamo. Ma qui forse è giunto il momento di fare un passo in avanti.
Continua Bataille: “L’aldilà della utilità è il campo della sovranità”. Che, tradotto in parole povere (ma mi assumo la responsabilità di questa traduzione) significa che noi siamo “sovrani” quando sappiamo consumare. Noi sappiamo andare verso l’aldilà, verso l’”oltre noi stessi” quando non ci sentiamo legati al fare, all’utile, al manipolare, ma ci poniamo aldilà di tutto ciò, ovvero nella capacità di consumare. Consumare, il pensiero di consumare, l’azione di consumare, per alcuni può essere pericolosa. E’ pericolosa quando uno aggrega al pensiero di consumazione il pensiero di povertà, ossia più consumo e più divento povero. Niente affatto. Più io consumo più io divento ricco, lo recitano tutte le leggi dell’economia liberale e capitalistica, nella quale bene o male noi viviamo.
Malato, patologico è non accettare la consumazione, la consumazione degli averi, la consumazione del tempo, la consumazione della vita. Chi non accetta questa consumazione è perché ha un pensiero di ammanco, ci perdo qualcosa, qualcuno (Dio, il destino, il tempo, etc.) mi fregano qualcosa.
Sano è accettare la consumazione in quanto io so che più consumo più produco, più mi arricchisco. Io da solo riproduco le forze che da me sono uscite. Chi ama brucia… e allora basta mangiare i Pavesini. Semplice. Basta avere il pensiero che dal mio consumere ne ricavo una ricchezza. Pensiero. Semplice pensiero. Mi sto accorgendo che in queste serate il concetto che più frequentemente tiro fuori dalla tasca è questo: col pensiero vinco. Bingo!
La reintegrazione della ricchezza è la nostra modalità per capitalizzare. Se ben ricordo nella serata precedente si parlava, parlava Mario di come la soddisfazione reale sta nella percezione di essere potenti, cioè capaci di fare, di continuare a fare il proprio lavoro, oltre al conto in banca. La capacità e la competenza nessun Mibtel o Nasdac o Nikey (se così si dovesse scrivere) te lo porta via. La competenza e la professionalità. Il conto il banca è quello che… le tigne e i ladri…La mia competenza è inscalfibile, non si perde, la consumo io perché mi dia sempre nuovi e più soddisfacenti frutti. Allora la potenzialità. Quel qualche cosa che va aldilà.
Sento, parlando, che questo pensiero di aldilà si va abbozzando. Uno può avere in mente Dio, uno la spiritualità, uno altro ancora. Io sto tentando, con i pochi mezzi che ho, di tagliarlo giù anche con una serie di definizioni. Tuttavia a questo punto mi chiedo se sia utile una domanda, proprio in funzione della definizione di aldilà. Se l’aldilà è la soddisfazione del corpo oltre la materia, oltre la cosalità, la domanda potrebbe essere: ma allora l’aldiquà che cosa è?
Scrive in proposito Giacomo Contri nella raccolta di scritti sul seminario titolato Aldilà:” L’aldilà di cui parliamo, in realtà è la relazione del soggetto con un altro, oltre che pensato, nell’ordine del benessere, della ricchezza, della salute, della facoltà. L’aldilà è la condizione della pensabilità del futuro”.
E ci fermiamo su questo ultimo aspetto: la pensabilità del futuro. E torniamo alla nostra bambina. Che cosa sta dietro alla sua domanda? Non sta lei forse pensando alla sua ricchezza futura, non si sta mettendo giù un conto in banca? La bambina si sta creando una strada in quanto ha appreso la legge perfettamente regolata e normata dal suo stare assieme al proprio papà. In questo caso parliamo della legge del papà che rimanda alla legge del Padre. Ovvero due corpi vicini che traggono soddisfazione l’uno dall’altro, questa è la legge del Padre.
“Voglio il tuo bene” è infatti la risposta implicita che il papà dà alla domanda della bambina nel momento in cui si alza dalla poltrona, fa quattro passi e va dalla sua amata figliola, forse dalla sua prediletta, per dare a lei piacere attraverso la presenza (vicinanza) del proprio corpo. La risposta del padre non è l’aiuto materiale sul cucchiaio in modo che la figlia non si sbrodoli la minestra sopra al vestitino nuovo, no, il padre ha capito che la domanda della bambina va aldilà del mangiare. Allora il padre risponde che ha capito che il bene della figlia non sta nel mandare giù le stelline, i filini della minestrina, bensì in qualcosa di oltre, in qualcosa aldilà: il rapporto tra i due corpi.